Oggi ho preparato il cassone per le fragole.
Sopra il fondo della terra già pronto sono ripassata a pettinare la proda, a livellarla. Ho aggiunto lo strato di stallatico maturo. Messo altra terra, terra buona da compost autoprodotto con i resti dei pasti di casa, dello sfalcio dell'erba di mesi. Poi quella esaurita dal raccolto passato che avvolgeva le radici delle piante esauste. Scavato buche e messo le piante. Ho schiacchiato la terra attorno al colletto, compattata la sostanza attorno allo sbucare degli stoloni. Non ho bagnato, fa già abbastanza fresco qui al nord, piedi d'Alpi, sud d'Europa. E poi l'acqua dell'aria mi galleggiava sul viso, non ci avrebbe messo troppo ad arrivare alla terra. Prima di finire mi sono fermata a guardarlo quel recinto alto di legno, quelle piante accasate. Sono restata lì un po'. Quando la luce ha iniziato a calare ho preso la paglia e l'ho stesa a pacciame. A coperta.
Ho pensato. Forse questa non è una giornata sprecata.
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