lunedì 22 aprile 2013
Pesco
Il pesco mi ha preso la bolla. Addossato al muro, sotto il cielo plumbeo di questa primavera lombarda, non ha avuto scampo. Il verde rame l’avevo messo, ma non è stato sufficiente. Lui è un nuovo venuto nell’orto-frutteto, la “foresta commestibile” che sta sotto i 400 metri quadri di casa mia. Sta lì da nemmeno due stagioni, ed io mi ero già abituata a vederlo fiero e forte portare i suoi frutti. Ma il tempaccio di quest’anno lo ha piegato e il fungo lo ha attaccato. Proverò a togliere le foglie malate, a fermare le spore, nel rogo del fuoco, prima che si diffondano ovunque. Ho molte piantine nell’orto nate da noccioli abbandonati dopo averne succhiato la polpa o talee fatte con i resti dei rami di potatura. Devo togliere prima che l’infezione si diffonda. Il tempo non aiuta, il coraggio di estirpare nemmeno, sono debole di stomaco, carattere, ma, si sa, "Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile...". Solo il coraggio di togliere può far crescere la foresta.
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